E così cominciò la mia sofferenza, che divenne doppia e durò per un tempo abbastanza lungo. Un giorno mi lamentai con Gesù, perché ero un peso per le consorelle.
Gesù mi rispose: «Non vivi per te, ma per le anime. Dalle tue sofferenze trarranno vantaggio altre anime. Le tue prolungate sofferenze daranno loro la luce e la forza per uniformarsi alla Mia volontà».
La sofferenza più dura per me consisteva nel fatto che mi sembrava che né le mie preghiere nè le buone azioni fossero gradite a Dio. Non avevo il coraggio di alzare gli occhi al cielo. Ciò mi causava una sofferenza così grande che diverse volte, quando ero in cappella per le preghiere comunitarie, la Madre Superiora, finite le preghiere mi chiamava presso di sé e mi diceva: «Chieda, sorella, a Dio grazia e consolazione perché, come noto in realtà io stessa e le Suore mi riferiscono, al solo vederla, sorella, lei suscita compassione. Non so proprio cosa fare con lei. Le ordino di non affliggersi per nessuna ragione».
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